Divieto di licenziamento e NASPI: facciamo il punto
I vari decreti che si sono susseguiti per la gestione dell’emergenza sanitaria hanno imposto un divieto di licenziamento che ad oggi si spinge fino al 17/08 ma per il quale si parla già anche di una possibile estensione a fine anno.
Diverse aziende si trovano quindi in grossa difficoltà nel procedere al licenziamento, perfino nel caso non remoto in cui sia anche il lavoratore a voler interrompere il rapporto di lavoro.
E qui si origina un fenomeno che sembra non essere così raro in questi mesi. Mi spiego:
1. Dal divieto di licenziamento, è escluso il licenziamento disciplinare, ovvero quello che si applica quando un lavoratore viene meno a degli obblighi previsti dal contratto (es. arriva in ritardo, risponde male al superiore, non svolge a dovere il suo lavoro, ecc…). Quindi in questo momento si può licenziare per queste motivazioni.
2. Un’altra considerazione è che, come saprete, la NASPI spetta solo a chi viene licenziato e non a chi si dimette, motivo per il quale alcuni lavoratori che vorrebbero terminare il rapporto, non presentano le dimissioni ed attendono che sia l’azienda a licenziare, fornendogli il requisito per avere diritto all’indennità di disoccupazione. Mettendo insieme questi due assunti, è spiegato il fenomeno per cui azienda e lavoratore si accordano per chiudere il rapporto seguendo l’iter di un procedimento disciplinare con tanto di lettere di contestazione e comunicazioni dell’addebito, arrivando infine al licenziamento con diritto alla NASPI.
In conclusione, credo sarebbe giusto fare delle considerazioni non tanto sul fenomeno elusivo in sé quanto sullo scopo della NASPI legandola a situazioni di vera necessità e al fatto che a volte imporre limiti troppo stringenti nei licenziamenti, in periodi sia pur complessi come questo, può non essere di grande aiuto non solo per le aziende ma anche per la società intera.