Lavoro a chiamata: come creare un rapporto di lavoro a chiamata e come funziona?
Le ultime restrizioni all’utilizzo del lavoro a tempo determinato hanno costretto le aziende a guardarsi intorno alla ricerca di altre forme contrattuali flessibili.
La domanda più quotata dell’ultimo periodo, quindi, è diventata “beh, ma allora, posso mica fargli un contrattino a chiamata”??
Rispolveriamolo insieme e vediamo di cosa stiamo parlando!
Quello a chiamata è un contratto di lavoro subordinato che può essere a tempo determinato o indeterminato. Nel caso in cui sia a tempo determinato, questo non vuole dire che gli si applica in automatico la normativa in materia di lavoro a termine (max 12 mesi o 24 con causale, 4 proroghe, ecc). No, qui le proroghe sono di fatto illimitate e se l’azienda è nel settore dei pubblici esercizi, turismo e spettacolo non ci sono neanche limiti massimi di durata.
Bene, sinteticamente come funziona: il Consulente del Lavoro fa una vera e propria assunzione e si sottoscrive un contratto di lavoro che non riporta un orario definito. Dopodiché, ogni volta che l’azienda ha bisogno della prestazione del lavoratore deve fare una comunicazione telematica preventiva al ministero del lavoro per dirgli in quale giorno/i verrà.
Ci sarà poi una busta paga da consegnare al lavoratore, ci sarà una Certificazione Unica da rilasciare l’anno successivo. Attenzione, poi, che anche i lavoratori a chiamata sono soggetti alla normativa in materia di sicurezza sul lavoro.
Bene, per capire se si può fare o meno un rapporto a chiamata, sentite un Consulente del Lavoro perché ci sono delle valutazioni da fare in base al settore di attività, alla mansione e al tipo di lavoratore che abbiamo scelto.
Sia chiaro, comunque, che se ho un impiegato in studio dal lunedì al venerdì dalle 9,00 alle 13,00 o un cameriere che lavora nel mio ristorante tutti i weekend con continuità, il lavoro a chiamata di certo non fa per me.
Non è un caso, infatti, che si chiami anche lavoro “intermittente”.